L’ansia da coronavirus serpeggia anche tra le aziende italiane, intaccando in alcuni casi addirittura il diritto alla privacy. Non sono rari infatti in questi giorni i casi di aziende che, operando in maniera arbitraria e al di fuori della legge, propongono questionari e raccolte di dati per conoscere lo stato di salute e gli eventuali contatti con la Cina di collaboratori esterni e clienti/fornitori.
Il Garante dice no alle raccolte dati “fai da te”
Così a fare chiarezza arriva prontamente il Garante della Privacy che, con una circolare ufficiale, afferma che la raccolta di dati personali effettuata in maniera “fai da te” da soggetti privati e pubblici, è una pratica sostanzialmente vietata.
A questo proposito, il Garante puntualizza che la normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane prevede che chiunque negli ultimi 14 gg abbia soggiornato nelle zone a rischio epidemiologico, debba comunicarlo all’azienda sanitaria territoriale, anche attraverso il medico di base, che provvederà agli accertamenti previsti come, ad esempio, l’isolamento fiduciario.
“I datori di lavoro devono invece astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra-lavorativa”.
Controllo solo da parte di soggetti autorizzati
L’autorità ribadisce inoltre che il compito di prevenire la diffusione del coronavirus deve essere svolto unicamente dai soggetti che istituzionalmente sono stati deputati a rivestire questa funzione in modo qualificato.
L’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del virus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano quindi unicamente agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile.
Gli obblighi del lavoratore
Resta in ogni caso l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Rimangono anche i compiti del datore di lavoro relativi alla “necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal Coronavirus per la salute sul posto di lavoro e gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre a una visita straordinaria i lavoratori più esposti”.
Cosa deve fare il datore di lavoro
Per i datori di lavoro rimangono salde le raccomandazioni e le buone pratiche diffuse dal Ministero della Salute con la circolare n. 3190 dello scorso 3 febbraio. In questo articolo, un riassunto di tutto ciò che c’è da fare e da sapere.