Dalla crisi dei dazi una scossa alla manifattura
Il focus sul primo quadrimestre economico di CNA. Tra schermaglie internazionali e produzione che non decolla, ecco la lezione da cogliere.
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Mario Piotto

Responsabile Comunicazione Istituzionale

Dazi Usa CNA

Dazi sì o dazi no? Questo è il problema. Mentre l’economia globale cerca stabilità, l’altalena decisionale del presidente Usa rischia di rallentare la ripresa più degli effetti diretti della sua politica. Il vero pericolo sta nelle aspettative delle imprese: la mancanza di certezze ha riacceso il timore di un ritorno alle guerre commerciali. L’obiettivo di Trump è chiaro: proteggere l’economia interna, riaffermando la centralità degli Stati Uniti. Un approccio che, seppure discutibile, ci obbliga a guardare in faccia un disagio profondo: la progressiva perdita di peso della manifattura occidentale a favore dei Paesi emergenti, Cina in testa, che in vent’anni ha conquistato quasi il 30% della produzione manifatturiera globale. Anche in Europa, i tre motori economici — Germania, Francia e Italia — hanno perso terreno, ciascuno circa un punto percentuale nel mercato mondiale. Non è quindi solo questione di scambi doganali: serve una strategia concreta per affrontare la sfida competitiva e rilanciare l’economia, come sottolinea Cinzia Fabris, Presidente CNA Veneto Ovest.

Presidente Fabris, l’annuncio dei dazi USA ha creato scompiglio. Che lettura dà di questa situazione?

Quando si parla di dazi, il primo impatto è sempre l’incertezza, che è la vera nemica di chi fa impresa. Anche se i dazi sono stati sospesi, il solo annuncio ha già destabilizzato mercati e scambi. Non possiamo permetterci una guerra commerciale, soprattutto ora: le piccole imprese sarebbero le prime a pagare. Allo stesso tempo, però, dobbiamo cogliere il messaggio implicito: se una potenza come gli Stati Uniti sente il bisogno di blindare la propria manifattura, significa che la globalizzazione ha lasciato scoperti alcuni nervi. Uno di questi è la competitività dei sistemi produttivi locali.

Crede che le misure protezionistiche possano davvero rilanciare l’industria interna?

I dazi non sono la soluzione, ma una reazione. Possono frenare le importazioni, ma rischiano di innescare ritorsioni, con effetti negativi per tutti. La verità è che, senza una politica industriale forte e senza investimenti in innovazione, non c’è dazio che possa proteggere un’economia nel lungo periodo. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una migrazione massiccia della capacità produttiva verso la Cina. Non solo per i costi più bassi, ma anche per la rapidità con cui ha modernizzato interi settori. Dobbiamo fare i conti con questa realtà e reagire in modo intelligente.

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una migrazione massiccia della capacità produttiva verso la Cina. Non solo per i costi più bassi, ma anche per la rapidità con cui ha modernizzato interi settori. Dobbiamo fare i conti con questa realtà e reagire in modo intelligente.

Cinzia Fabris

Presidente, CNA Veneto Ovest

Parliamo di competitività: in un contesto internazionale così instabile, come possono le imprese italiane restare sul mercato?

Dobbiamo agire su due livelli: misure immediate per sostenere chi affronta difficoltà e interventi strutturali per rendere il sistema produttivo più forte. Nel breve termine — e l’esperienza della pandemia lo ha dimostrato — strumenti come garanzie pubbliche, assicurazioni sui crediti e compensazioni sui ricavi aiutano a tenere in piedi le imprese nei momenti critici. Ma la vera partita si gioca sulla competitività strutturale, e qui entra in gioco il costo dell’energia, che oggi rappresenta uno dei maggiori svantaggi per il Made in Italy rispetto ad altri Paesi.

Quindi competitività significa anche meno burocrazia, oltre che meno costi?

Esattamente. Oggi un’impresa italiana deve affrontare un peso burocratico enorme, che la rallenta e le sottrae risorse preziose. Come CNA abbiamo elaborato un pacchetto di cento semplificazioni, capace di liberare circa 7 miliardi di euro e trasformarsi in un volano per la crescita. Regole più semplici e chiare fanno bene a tutti, non solo alle aziende. Penso a un esempio che mi tocca da vicino: nel settore moda, una normativa chiara sulla definizione di rifiuto potrebbe generare fino a 2 miliardi di fatturato aggiuntivo all’anno.

Guardando al futuro, come si costruisce una crescita stabile in uno scenario globale così competitivo?

La parola chiave è “investire”. È necessario rimodulare alcuni programmi come Transizione 5.0, rendendoli più accessibili alle piccole imprese. Accelerare gli investimenti di ammodernamento degli impianti permetterebbe di spostare risorse sull’autoproduzione, riducendo la dipendenza energetica e stimolando la domanda interna. Ma non basta. Dobbiamo soprattutto aiutare le imprese a esplorare nuovi mercati. Oggi sono circa 90mila le PMI italiane che esportano, ma altrettante hanno le potenzialità per farlo. CNA sta lavorando molto in questa direzione, promuovendo progetti di internazionalizzazione verso Paesi come Arabia Saudita, India ed Egitto. Aprire nuove strade commerciali è fondamentale per garantire futuro alle nostre imprese.

mario piotto CNA

Mario Piotto

Responsabile Comunicazione Istituzionale

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