No raccolte dati “fai da te” per coronavirus
Il Garante Privacy contesta le iniziative di raccolta dati da parte di soggetti pubblici e privati: “Attenersi alle indicazioni del Ministero della salute”.

Diego Zarantonello

Responsabile Area HSE & Sustainability

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L’ansia da coronavirus serpeggia anche tra le aziende italiane, intaccando in alcuni casi addirittura il diritto alla privacy. Non sono rari infatti in questi giorni i casi di aziende che, operando in maniera arbitraria e al di fuori della legge, propongono questionari e raccolte di dati per conoscere lo stato di salute e gli eventuali contatti con la Cina di collaboratori esterni e clienti/fornitori.

Il Garante dice no alle raccolte dati “fai da te”

Così a fare chiarezza arriva prontamente il Garante della Privacy che, con una circolare ufficiale, afferma che la raccolta di dati personali effettuata in maniera “fai da te” da soggetti privati e pubblici, è una pratica sostanzialmente vietata.

A questo proposito, il Garante puntualizza che la normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane prevede che chiunque negli ultimi 14 gg abbia soggiornato nelle zone a rischio epidemiologico, debba comunicarlo all’azienda sanitaria territoriale, anche attraverso il medico di base, che provvederà agli accertamenti previsti come, ad esempio, l’isolamento fiduciario.

I datori di lavoro devono invece astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra-lavorativa”.

Controllo solo da parte di soggetti autorizzati

L’autorità ribadisce inoltre che il compito di prevenire la diffusione del coronavirus deve essere svolto unicamente dai soggetti che istituzionalmente sono stati deputati a rivestire questa funzione in modo qualificato. 

L’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del virus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano quindi unicamente agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile

Gli obblighi del lavoratore

Resta in ogni caso l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. 

Rimangono anche i compiti del datore di lavoro relativi alla “necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal Coronavirus per la salute sul posto di lavoro e gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre a una visita straordinaria i lavoratori più esposti”.

Cosa deve fare il datore di lavoro

Per i datori di lavoro rimangono salde le raccomandazioni e le buone pratiche diffuse dal Ministero della Salute con la circolare n. 3190 dello scorso 3 febbraio. In questo articolo, un riassunto di tutto ciò che c’è da fare e da sapere. 

Diego Zarantonello

Responsabile Area HSE & Sustainability

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