Verso un “federalismo del Pnrr” che metta al primo posto i dati dei singoli Pil regionali. È il suggerimento che dal Veneto CNA ha voluto recapitare al governo, in vista della redistribuzione territoriale dei 235 miliardi assegnati all’Italia per la ripartenza da qui al 2026. Un dispiegamento di risorse che inevitabilmente sta animando il confronto politico sugli indirizzi di utilizzo e i criteri per ripartirli con la massima efficacia.
«Sappiamo bene – esordisce Alessandro Leone, direttore generale di CNA Veneto Ovest – che uno degli obiettivi del piano è ridurre il divario tecnologico e produttivo tra nord e sud del Paese, e per fare questo è normale che servano più risorse per sostenere chi è indietro. Ma è altrettanto vero che il primo interesse è far ripartire il sistema economico nazionale nel suo complesso, e quindi non è possibile pensare di sacrificare troppo le aree locomotiva».
Come superare quindi la “sindrome da coperta corta” senza rischiare di scontentare qualcuno?
«I numeri del 2021 ci vedono di nuovo tra i migliori in Europa, con un Pil atteso al +5,8% pari a quello della sola Emilia Romagna. Di fronte a questo scenario riteniamo che uno dei primi criteri da prendere in considerazione per assegnare le risorse in modo solidale ma anche equo sia proprio riconsiderare il rapporto con il Pil».
«Dai dati del nostro osservatorio regionale – prosegue Leone – emerge che il Veneto è tra le aree che hanno pagato il conto più salato nella crisi. Oltre ad aver perso il 9% del Pil nel 2020, in linea con la media nazionale, abbiamo fatto i conti con un calo del 12,1% dei consumi e del 9,8% negli investimenti, statistiche nettamente peggiori rispetto al resto del Paese. Sono inoltre diminuite le imprese attive dello 0,2%, in controtendenza rispetto ai dati nazionali che hanno registrato un lieve aumento. Ma nonostante questo contesto di partenza i numeri del 2021 ci vedono di nuovo tra i migliori in Europa, con un Pil atteso al +5,8% pari a quello della sola Emilia Romagna. Di fronte a questo scenario riteniamo che uno dei primi criteri da prendere in considerazione per assegnare le risorse in modo solidale ma anche equo sia proprio riconsiderare il rapporto con il Pil, che adesso è solo un parametro secondario».
Secondo l’indagine CNA l’ipotesi di spartizione che è possibile dedurre dalle valutazioni trasmesse dall’Italia alla Commissione Europea farebbe emergere infatti uno scenario alquanto disequilibrato.
«Tenendo conto del dispiegamento straordinario deciso per il mezzogiorno, la proiezione attuale destina al Veneto circa 15 miliardi di euro da qui al 2026, con un’incidenza in rapporto al Pil del 9,2%. Questo valore è ampiamente sotto al dato nazionale, che supera il 13%. E considerato che l’Italia è il maggiore destinatario di risorse rispetto agli altri partner europei, crediamo che limare almeno in parte tali distanze sia un primo passo importante per dare un’accelerata alla ripresa di questo territorio, garantendo nel contempo il giusto sostegno alle regioni più in difficoltà».
E una volta ottenute le risorse, come investirle al meglio?
«Le capacità implementative dei singoli territori faranno la differenza. Saranno proprio Regioni e istituzioni locali a dover gestire una grossa fetta della torta, ma dovranno avere capacità e visione. Non solo perché buona parte delle risorse sono a prestito, e andranno quindi restituite. Ma soprattutto perché sarà fondamentale generare valore».
«Anche qui – conclude Leone – le capacità implementative dei singoli territori faranno la differenza. Saranno proprio Regioni e istituzioni locali a dover gestire una grossa fetta della torta, ma dovranno avere capacità e visione. Non solo perché buona parte delle risorse sono a prestito, e andranno quindi restituite. Ma soprattutto perché sarà fondamentale generare valore, sia per tornare a correre sia per essere attrattivi nei confronti delle nuove generazioni. Servono quindi progetti condivisi, e una gestione strategica per implementarli e monitorarli passo passo fino agli obiettivi. Noi naturalmente siamo pronti ad affrontare la sfida».