Dallo Speciale Assemblea CNA 2023 del Giornale di Vicenza, editoriale a cura di Stefano Tomasoni.
Il ferro va battuto finché è caldo. Lo scorso anno l’assemblea di CNA Veneto Ovest aveva lanciato un nuovo messaggio ai propri associati, all’insegna della ripartenza e del rilancio dopo il tempo sospeso della pandemia. Un messaggio che aveva messo l’accento sulla necessità di coltivare una sorta di nuova consapevolezza artigiana. Era stata lanciata una parola suggestiva, “artigenialità”, intesa come una nuova forma di valorizzazione delle proprie caratteristiche di piccoli imprenditori depositari del “saper fare”, di quella creatività capace di fondere il valore della tradizione con quello della ricerca e dell’innovazione.
Non si trattava, peraltro, di un messaggio “spot”, ma di un progetto strutturato per favorire la crescita del tessuto artigianale vicentino e veronese, la sua capacità di essere creativo e innovativo, capace di guardare oltre e di affrontare i cambiamenti e le turbolenze del mercato. E infatti, a distanza di un anno, l’associazione ha dedicato anche l’assemblea generale di quest’anno a questa parola e a questo concetto, diventati una sorta di mantra della crescita.
L’obiettivo è quello di avere imprese che crescono nel territorio e con il territorio, partendo da una profonda vocazione artigianale messa a sistema con il “genio” giusto che serve per pensare in grande, e con la convinzione che non c’è ostacolo che non si possa superare se si impara a lavorare insieme. Adottando come motore della crescita proprio la “geniale artigianalità”, a prescindere dalla dimensione aziendale.
“Se vogliamo separare il concetto di artigiano da quello di micro-azienda, occorre intervenire sulla legge quadro dell’artigianato, il vero vincolo al paradigma della crescita – dice la presidente di CNA Veneto Ovest, Cinzia Fabris -. Per colpa di parametri ormai superati, oggi è considerato artigiano solo un sottoinsieme delle imprese piccole, e chi punta a crescere perde automaticamente requisiti e tutele, pur mantenendo invariato il proprio metodo di lavoro. Per noi invece deve rimanere artigiano chi tutela e preserva una professionalità di tipo artigianale, a prescindere dal peso del fatturato o dalla lunghezza del libro paga”.
Quello che adesso diventa necessario, anzi fondamentale, è scrivere un nuovo “storytelling” per l’artigianato, capace di essere al passo con il futuro del mercato produttivo, di raccontarsi all’esterno ma anche di prendere coscienza di sé al proprio interno.
“Una diversa narrazione dell’artigianato permette, oltre che di attrarre e mantenere giovani in azienda, di incentivare un aumento dei livelli di autoimprenditorialità, che rappresenta la vera linfa vitale di qualsiasi economia – osserva Cinzia Fabris -. L’artigianato ha tutto quello che serve per essere una dimensione professionale che i giovani possano sentire loro, come sbocco occupazionale diretto ma anche come ambito dove poter realizzare la propria idea di impresa”.
Le potenzialità ci sono, dunque. I piccoli grandi artigiani producono e raggiungono risultati di grande qualità, all’interno di filiere produttive che di loro hanno estremo bisogno. Adesso è il momento di diventare più consapevoli di questo. La sfida non è più soltanto quella di fare buoni prodotti, ma anche quella di far conoscere la propria arte e il proprio genio.
